mercoledì 22 giugno 2016

ViKiLab Carloforte Gerolamo Il Pizzaiolo

Gerolamo Pomata
Il  Pizzaiolo




Gerolamo è un cuoco pizzaiolo di 66 anni che fa questo lavoro dal 1970 a Carloforte. La sua attività si trova proprio nel centro di una piazza, di fronte al mare, dove attraccano i tanti traghetti che portano i visitatore qui sull’isola. Le sue prelibatezze sono soprattutto tipici piatti della tradizione: il cous cous, la zuppa di pesce, la farinata, la pizza e le focacce nere. 
Tutti questi prodotti sono di farina di grano, di ceci o semola.
Alimento importantissimo è poi il pesce fresco.
Tra tutti i suoi attrezzi e strumenti del mestiere ci ricorda le padelle, le teglie speciali di rame e stagno molto pesanti tipiche come la “faìnà”, pentole e pala
Primo fra tutti è il suo importantissimo forno, costruito con mattoni refrattari riscaldato a corrente elettrica che cuoce pizza, focacce e farinate a diverse temperature: 320/330 gradi per la farinata e 310/320 per la pizza. 

Luisa e Cristina sono le sue aiutanti in cucina: Cristina è soprannominata Nerone perché, scherzando, ci racconta che qualche volta dimentica la pizza in forno e bruciandola e facendola diventare nera!
Il suo abbigliamento ideale sono generalmente un giacca bianca o un grembiule, rigorosamente bianco.

Questo mestiere l’ha imparato dal padre, il “babbo” come tiene a precisare e ha sempre fatto quetso fin da bambino. 
Per questo motivo conosce benissimo le persone che vengono a mangiare da lui, clienti affezionati che apprezzano molto la sua cucina tipica.   
E’ cresciuto prima in cucina con padre che gli faceva vedere le prime ricette, poi negli anni 60 è stato nell’albergo dove il padre e in cucina con il fratello "Nicolo". Nel 1974 ha aperto questo locale: prima bar gelateria del quale ricorda i suoi “favolosi gelati” e poi la pizza e la farinata. Lentamente la ristorazione tipica. 
Prima al posto del locale c’era la sede della vecchia dogana perché l’isola era per lo più abitata da marittimi e pescatori che trasportavano con le loro piccole barche tanti prodotti, sia andando verso il nord ( Francia e Spagna) sia verso il sud, la Tunisia e il Marocco. Alla chiusura della dogana il vecchio proprietario del locale era un cliente del fratello di Gerolamo e l’ha concesso in uso. Così ha ingrandito: nel 1988/89 l’ha migliorato con il laboratorio artigianale di gelati e vicina la pizzeria. La farinata proprio però non piaceva.
A quel tempo la preparava ancora senza seguire delle proporzioni e quello che veniva fuori era più un altro piatto tipico, la “pannissa”, cioè una sorta di focaccia più alta, cotta con la farina di ceci fatta bollire prima, e che al desiderio del cliente veniva condita con altri ingredienti come prezzemolo, aglio, olio. 
La farinata invece si può fare con i bianchetti, con il rosmarino, con il formaggio, dipende dai gusti ma quella tipica è quella senza nulla. 
Solo alla fine degli anni ’80  è andato a Pegli, in Liguria e ha imparato a fare l’impasto della “faìnà" come la prepara, la cucina, e la fa gustare oggi.  
Le specialità che cucina sono stagionali perché ci sono periodi dell’anno in cui un prodotto, per quanto possa essere tipico del posto, non è adatto ad essere cucinato tutto l’anno. Addirittura si possono non trovare.
La farinata è un tipico piazzo genovese ma non sempre è stato un prodotto ricercato, anche e sopratutto dalle persone del posto: prima ne cucinava solo una al giorno. Poi è iniziata a piacere. I vecchi marinai la preparavano per partire in barca o nelle navi. Ci sono diverse località in Italia dove la preparano, prendendo nomi diversi nomi. 
Ricorda con fierezza che però nel 2004/05 a un campionato nazionale della Farinata che si è svolta a Sassari, dove viene tipicamente prodotta e chiamata “fainè” e la sua farinata, la “faìnà” come la chiamano qua, si è classificata prima. 
Per preparare una farinata speciale bisogna seguire attentamente le dosi e usare l’olio di oliva: per un kilo di farina di ceci servono tre litri di acqua, poi 30gr sale e poi 250 gr di olio per kg. L’effetto che dobbiamo ottenere è preparato alla fine della cottura di circa un mezzo centimetro di altezza, croccante e tostato fuori e leggermente morbido dentro. Non và subito, appena sfornata, ma deve riposare qualche minuto prima di essere perché ha bisogno di rassodarsi. 
Ma una cosa importante e forse la più caratteristica che ricorda assolutamente perché trasmessa dai vecchi nella cottura è l’uso della “Xiamma (sciamma)” o fiamma alta dentro in un angolo del forno che seguendo il direzione del soffitto del forno va a cuocere da sopra la farinata, dandole la cottura, il colore e la croccantezza. 
La materia prima viene da Genova. Un particolare importante è l’aver trovato un mulino che macina ancora i ceci per produrre la farina con la ruota di pietra. Questo dà alla farina una consistenza particolare. 
La farina di ceci non si trova tutto l’anno: l’ultima farina viene macinata a metà luglio, poi non ci sono più ceci. Per questo motivo la farina viene conservata in una cella frigorifera, come gli ha insegnato un vecchio signore genovese, perché altrimenti nei sacchi nascono le farfalline ( come quelle della pasta), che rende inutilizzabile il prodotto. 
Una giornata tipica non ci sono orari e Gerolamo inizia ad impastare alle 9 del mattino e si lavora sino alle 2/3 del mattino. In inverno il lavoro si svolge in 6/7 ore e poi ci si può riposare. 








ViKiLab Gonnesa Enzo il Pescatore








ViKiLab Gonnesa

Enzo, il pescatore.
Il diciotto aprile abbiamo fatto i registi.

Attrezzati di microfono, videocamera e treppiedi, siamo andati a Portopaglia per intervistare un pescatore.
Era una bella giornata di sole e la casa di Sig. Enzo stava proprio sulla spiaggia.
Con un bel sorriso ci ha accolto nella sua veranda all’aperto, vedevamo il mare e sentivamo il suo profumo però, poco dopo siamo dovuti entrare in casa perché il rumore delle onde mosse dal vento ci impediva di sentire il suo racconto. La casa era umile, con pochi arredi  e tantissimi attrezzi per la pesca.

Sig. Enzo ci ha raccontato come era la sua vita e il suo lavoro : ha iniziato a lavorare fin da piccolo (aveva 6 o 7 anni). In quel periodo usciva in barca con suo padre per andare  a pescare e per lui era come un gioco. 

Osservando suo padre che armeggiava con le reti, ha imparato i trucchi del mestiere e si è appassionato alla pesca. 

Allora non si rendeva conto di quanto fosse faticoso  e così ha deciso che da grande sarebbe stato anche lui un pescatore. 

Suo padre gli diceva che non era un lavoro facile, che non si guadagnava abbastanza e che forse avrebbe fatto meglio a scegliere un altro mestiere, però l’amore per il mare  era talmente grande che, appena ne ha avuto la possibilità, ha comprato una barca e ha iniziato l’attività di pesca in proprio.

In quel periodo il mare era ricco di pesci : aragoste, astici, polpi, seppie e merluzzi.

Lui praticava la pesca con le reti come suo padre, però usava anche le nasse e la pesca a traina con le canne, così riusciva a pescare anche dentici e ricciole.

Era una vita molto faticosa: tutti i pomeriggi doveva uscire in mare per gettare le reti e ogni mattina all’alba doveva andare riprenderle. 

Ma il lavoro non finiva lì, una volta rientrato in porto doveva smagliare le reti per liberare i pesci che erano rimasti impigliati e poi doveva ripiegarle per rimetterle in mare al pomeriggio e così ogni santo giorno.

Mentre ci raccontava queste cose gli brillavano gli occhi, il ricordo di suo padre e della sua giovinezza trascorsa in mare insieme a lui….
Quando ha iniziato a parlare , abbiamo capito subito che era un po’ timido , infatti il suo tono di voce era  basso  e tremolante. 

Era difficile capire le sue parole che, alle volte, venivano coperte dal rumore delle onde del mare. Nel guardarlo ci è venuto subito  in mente che non era tanto giovane, le sue rughe  attiravano la nostra attenzione.

Aveva i capelli brizzolati, coperti da un cappello blu che gli oscurava i grandi occhi scuri. Le sue grosse sopracciglia nere incorniciavano il suo viso sereno.

Anche il suo mento era rugoso.  

Le sue guance, invece, sembravano soffici. Guardavamo spesso le sue mani, erano grandi e rugose, si vedeva che erano segnate dal suo lavoro come aggiustare le reti, le nasse  e gli altri attrezzi di lavoro. 

I suoi abiti ricordavano i colori del mare. 

La maglietta   blu come l’acqua  e i pantaloni verdi.


Quando è finita l’intervista, ci ha accompagnato a visitare le vecchie tonnare che adesso sono state ristrutturate ed ospitano un ristorante. 

All’esterno, abbiamo fatto altre riprese con la telecamera   cercando di inquadrare le cose che ci sembravano più belle e importanti, e abbiamo continuato a registrare i suoi racconti. 

Sig. Enzo e’ stato molto gentile e conoscerlo è stato un piacere.

martedì 21 giugno 2016

ViKiLab Gonnesa Marcello il Panettiere

ViKiLab Gonnesa

Marcello il Panettiere




Marcello, il panettiere fa questo lavoro da trentadue anni.
Lui dice che il suo non è un lavoro difficile, non tanto.
Ci sono tanti sacrifici, però non è cosi difficile e ci racconta di divertirsi molto. 


Ha iniziato a lavorare quando aveva 17 anni e ora ne ha 49.
Gli ha insegnato il padre il mestiere e continua una tradizione di famiglia: suo nonno, suo padre ed ora lui in questo locale nato nel 1929.

La prima volta è stato difficile per via dell’età di ragazzino, gli orari particolari purtroppo si dorme molto poco ma ora è diventata un’ abitudine.
Non c’è un orario preciso in cui si finisce di lavorare perché dipende dal lavoro che ha la mattina e in media sta a lavoro 11 ore, iniziando a lavorare alle 2, 2 e mezza del mattino.

Un po’ dipende anche dal fatto che qualche volta non suona la sveglia!
Si sveglia molto presto e molto prima che i bambini come noi vanno a scuola.

Si riposa dopo pranzo e si prepara per una nuova notte di lavoro: ora si è abituato a questi orari, è stato difficile all’inizio ma poi ha imparato perché è una questione di abitudine.




Marcello si diverte a lavoro e lo consiglierebbe a tanti, anche a noi bambini per i futuro.

Fa due tipi di pane, il pane manuale e quello fatto con le macchine. Ma soprattutto tanto lavoro a mano, i macchinari si usano ma poco e nulla. Gli attrezzi di lavoro sono due impastatrici grandi ed una piccoletta, per i dolci. Poi ha una macchina che si chiama gruppo meccanico e con quella realizza tutti i tipi di pane.

Ma con noi si è riservato di fare un pane semplice con una impastatrice e poi una macchina che si chiama cilindro con cui fa un tipo di pane particolare. La cosa più difficile che fa è un pane con l’impasto soffice, fa proprio un pane con un impasto molto morbido  con l’80% di acqua. Un impasto per cui ci vuole impegno e tanta tanta attenzione, perché sono impasti particolari.

Per fare due quintali di pane, che è il pane che produce per una intera giornata, deve lavorare tutta la notte e servono 7/8 ore, ma solo se vuoi fare le cose ben fatte!

Il pane che ha fatto con noi è uno dei più antichi, il pane coccoi, comunemente detto pasta dura o pane cilindrato perché si fa con il cilindro.

Per fare il pane con le olive lui fa un bell’impasto, lo fa lievitare. Gli aggiunge le olive e l’olio di oliva, quello buono e con le mani lo impasta. I suoi ingredienti sono la semola, il granito, tutte farine di grano tenero e duro, acqua, sale e lievito.

Il pane tipico a Gonnesa è soprattutto la pasta soffice, come le focaccine o il civraxiu classico. Questa è la sua specialità.


Il primo pane che gli ha insegnato il papà da fare è la pasta soffice. Marcello è nato nella casa sopra il panificio: sarà per questo motivo che è un bravo panettiere e il pane da subito è stato buono: da bambino guardava il padre lavorare e forse è così che qualcosa un po’ da subito l’ha imparata.  

ViKiLab Gonnesa Il Fabbro Francesco

Il fabbro Francesco
 
Francesco Melis è un fabbro di 50 anni che lavora nell’officina fondata dal nonno nel 1932. In realtà prima di quest’anno l’officina era situata in un’altra parte del paese. Il laboratorio Melis esiste in paese da allora, dopo essere passato al padre e dove ora lavora sia Francesco che il fratello, dal 1988 ( da ben 26 anni!).
Il suo è’ un lavoro che gli piace molto, che lo appassiona e che consiglierebbe ad altri, anche se oggi non ci sono giovani apprendisti che vogliono imparare e persone a cui trasmettere questa passione.

In media si lavora circa 8 ore al giorno e oramai da 30 anni: ci si alza presto al mattino, si va in officina per le 8 circa, si lavora sino all’ora di pranzo e poi si riprende al pomeriggio tra le 15,30 e le 19,30/20,00.
Questi orari gli permettono di dedicare del tempo alla propria famiglia. Il sabato e la domenica non si lavora salvo non ci siano delle consegne.

Tra le cose che lo appassionano c’è il piacere di creare delle cose con le mani.
Spesso capita di lavorare da soli perché nella giornata può capitare che ci siano diverse commissioni da fare.
Ma quando il lavoro da fare è grosso è necessario non essere soli, quando i materiali sono pesanti e difficili da maneggiare.
Quello del fabbro è il mestiere di chi dà forma al ferro: il ferro si piega a colpi di martello e alcuni macchinari, per poi essere lavorato sull’incudine.

Le maggiori lavorazioni sono cancelli, ringhiere e portoni. Mentre anni fa il ferro si scaldava e accendendo i fuochi con il calore del forno si lavorava per dargli una forma, oggi i pezzi si acquistano già con una forma e si saldano poi insieme.

Tra gli attrezzi che si usano più spesso c’è la troncatrice, che serve per tagliare a misura il ferro. Ci sono poi una serie di utensili come pinze di varie forme che servono per prendere, tenere e lavorare il ferro. Gli attrezzi stessi sono fatti dal fabbro.

Tra le tante lavorazioni il nonno era conosciuto in paese per preparare e ferrare i cavalli, come maniscalco.

Francesco ci mostra un balcone in tondo che nella lavorazione viene curvato e sagomato, in circa due tre giorni. Per fare un cancello si impiega circa una settimana. Prima della saldatura il ferro si lavorava con incastri e ribatutti con i rivetti e alla fine dei lavori viene zincato

Tra i lavori più difficili quando era giovanissimo ricorda un cancello con lavorazioni e decorazioni tutte fatte a mano, la cui lavorazione è durata circa 20 giorni lavorativi, lavorando con gli operai e il padre.
Come indumenti utilizza un grembiule di pelle che serve per evitare che le scintille e le parti roventi brucino i vestiti.

Ha iniziato questo lavoro perché l’ha ereditato e imparato seguendo il padre. Ha iniziato a lavorare dopo essersi diplomato alla scuola mineraria quando già le miniere stavano chiudendo.



Viki Lab Gonnesa Aventino Matteu


ViKiLab Gonnesa



Il Signor Aventino Matteu


Il Signor Aventino Matteu è un simpatico signore di 81 anni è sposato ha due figlie femmine e un figlio maschio e ben 5 nipoti.
Ci accoglie in un pomeriggio di fine maggio nella sua campagna, fuori da Gonnesa, nella località di Funtanamare.
Ha iniziato a lavorare a sette anni è anche andato scuola dove è stato 3 anni in prima elementare perché durante il periodo della guerra studiare era una cosa molto difficile.
E’ stato grazie al maestro Martini Contini, che lui ricorda molto bene, che riuscì a portare tanti bambini sino alla quinta elementare, era un buon maestro, un padre di famiglia che aveva figli come lui, e aiutava sempre chi stava indietro.
Il terreno dove ci accoglie era stato dato alla sua famiglia dalla Monteponi, era un terreno danneggiato da una colata di fango delle quotazioni e dopo la morte dei suoi genitori è passato a lui.
Suo padre faceva il pastore e aveva le capre quando si è sposato ha lasciato il bestiame e ha iniziato a fare l'agricoltore, soprattutto con la vigna per il vino.
Ai suoi tempi, però, non si poteva vivere solo della campagna e lui era riuscito ad entrare come guardia giurata nella polveriera dove ha lavorato per 19 anni.
Dopo ha lavorato in campagna con il vigneto e l'orto, soprattutto l'orto dove vendeva da sé i prodotti, oggi purtroppo non si vende più nulla.
Quello della campagna è un mestiere difficile ci vuole molta passione, lui lo consiglierebbe a tutti perché la campagna ci da il cibo, perché in campagna si respira l'aria fresca e al mattino è come essere in paradiso.

Nella sua azienda coltiva tutto quello che la stagionalità gli permette: il vigneto per il vino e poi bietole, ravanelli, insalata, finocchi, meloni, cetrioli e soprattutto i pomodori.
Il maestro più grande che ha avuto è stato suo padre, ha imparato imitando le cose che faceva lui.
Infatti secondo il signor Aventino questo è il modo migliore per imparare, guardando gli anziani.
Un’ altra tra le cose più importanti è avere sempre la passione!
Il lavoro lo impegna tutti i giorni perché c'è sempre qualcosa da fare, anche la domenica quando si occupa di dare mangiare alle galline. La campagna non riposa mai!

Lui non vive in campagna ma ogni giorno si sveglia verso le 6 per poter essere in vigna e dare le medicine, o al più tardi alle 7, si lavora sino alle 10/11 e poi si fanno piccoli lavoretti.
A mezza mattina si rientra a casa. ci si riposa e poi di pomeriggio di nuovo in campagna. Molti lavori si fanno ormai con il trattore e poi non tutte le piante s’innaffiano tutti i giorni e non tutte hanno bisogno di essere seguite continuamente. Il lavoro d'estate è più facile e leggero si fanno alcune raccolte e l'innaffio mentre d'inverno ci sono le potature che sono parecchio faticose.
Dopo tanti anni in campagna ha anche imparato che non tutti i semi sono buoni per la sua terra e soprattutto che non sempre i semi comprati danno i risultati sperati: talvolta alcune semenze fanno crescere altre piante e dunque ha imparato a selezionarli.
Nel corso degli anni il terreno è bonificato e ha subito tante trasformazioni aggiungendola terra.
Ha dei nipoti che ogni tanto vanno da lui in campagna ma non c'è molta partecipazione dei giovani perché la campagna oggi non produce un reddito. solo chi ha bestiame e produce il latte talvolta può produrre qualcosa da vendere.


La prima verdura coltivata e che ancora oggi coltiva è il pomodoro sardo. un tipo di pomodoro molto polposo e senza semi, prodotti solo in questa zona e a Buggerru. Per tanto tempo ha selezionato semi e provato con vari tentativi a farli crescere come una volta ma ancora non è riuscito nell'intento.
Tra le cose che più coltiva e che hanno una grande importanza per il terreno c'è la fava che rende la terra ricca di azoto, un elemento importante per rinforzare e rinvigorire la terra.
Tra gli attrezzi del mestiere c’è, prima di tutto, il trattore che permette di fare la maggior parte dei lavori.
Un tempo si facevano con l'aratro a mano o trainato dagli animali, oggi al trattore si attacca la fresa, che serve per sbriciolare la terra; ci sono poi l'estirpatore, l’aratro per vigna con 5 aratri e l'erpice che serve per fare piatto il terreno.

Poi ci sono i piccoli attrezzi a mano che servono per l'orto come le zappe e zappette.

ViKiLab Carloforte Teresa Luxoro la Pastaia!

ViKiLab Carloforte




Teresa Luxoro

Siamo andati all’antico Pastificio Luxoro a conoscere Teresa, lei ha preparato per noi i canestrelli e intanto ci ha raccontato la sua storia…





Faccio questo lavoro da quarant’anni, mi ha insegnato mio padre che faceva il panettiere e poi, da sola, ho imparato a fare i dolci. 


Mi è sempre piaciuto farlo, mio marito faceva il navigante e per mettere radici ci siamo inventati questo mestiere. 


Credo sia un lavoro difficile e ricco di responsabilità: lavoriamo con il cibo e dobbiamo stare attenti a fare cose sane e che non possono fare male, usare materie prime buone selezionate, sapere da dove provengono, dove cresce il grano.

Gli ingredienti sono tantissimi: per la pasta serve la semola di grano duro e l’acqua se devo fare pasta ripiena, la ricotta, gli spinaci, la maggiorana.

Bisogna essere sempre creativi e inventare molte cose: ravioli patate e pecorino. basta avere tanta fantasia!

Per i dolci utilizzo la farina, le uova, il burro, lo zucchero, il limone e il latte. 

I vestiti devono essere leggeri per il caldo e soprattutto tengo sempre il cappellino in testa! 

Prima si impastava tutto a mano e a casa, in laboratorio invece usiamo le planetarie, le fruste, un’ impastatrice.
Oggi il lavoro è più alleggerito anche se va finito tutto a mano, le macchine, infatti, non ti danno i dolci! 

All’inizo si veniva alle 5/6 mattina e si finiva all’una. 
Oggi possiamo permetterci di arrivare alle 8 per impastare, preparare il ripieno dei ravioli, man mano che poi c’è richiesta si continua, sino all'una

Il fine settimana invece si fa un po’ di tutto, a seconda della stagione si lavora molto e si fa tanta produzione. 


Da quando abbiamo aperto abbiamo lavorato subito, mio padre era panettiere e la semola e la farina le conosceva bene!
Quando abbiamo preso le macchine abbiamo fatto un po’ di scuola poi tanta pratica per acquisire manualità e molta fantasia.

Tra i nostri prodotti ci sono quelli tipici di Carloforte come i “caxuli” che sono gnocchetti e derivano dalla tradizione Genovese come la “farinata”, o ancora i “gigeri”, un tipo di dolce fritto e poi messo nello zucchero caramellato, che in italiano si chiama struffolo.dolci per i morti piedi di porco

Per la domenica delle palme facciamo la luna per indicare l’inizio della primavera e per pasqua i cavanetti con la pasta di uovo .



ViKiLab Carloforte Il Maestro d'Ascia

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Il Maestro d’Ascia




Abbiamo incontrato Tonino Sanna, maestro d’ascia e ci ha raccontato la sua storia…

Io mi chiamo Antonio Sanna e faccio il maestro d’ascia, l’artigiano che costruisce le barche in legno.
Avevo nonni e zii con le barche, quindi avere la barca e costruirmela da solo mi ha sempre affascinato.
Ho iniziato nel 1989: prima navigavo, poi c’è stata la crisi e sono andato nelle botteghe per imparare il mestiere. 
Il mio primo maestro è stato Kekè, Francesco Biggio, poi c’è stato Giovannino Biggio e infine Stefano Rossino
Tutti i vecchi maestri che tradizionalmente, a quel tempo lavoravano.
A Carloforte la tradizione del maestro d’ascia è antica quanto il paese, perché quando i primi coloni sono arrivati sull’isola c’erano già i maestri d’ascia: i coloni era corallari e pescavano con le coralline.
La tradizione nasce con la necessità dell’uomo di attraversare il mare o i fiumi e che li ha portati a capire che alcuni materiali, come il legno, quindi i tronchi galleggiavano sull’acqua. Poi ha compreso che il tronco poteva essere scavato, così da poter fare tutte le barche che ora conosciamo.




Una barca inizia come una casa, con un disegno: quando al cliente piace il disegno si inizia la barca, si va alla ricerca del legno e si parte dalla chiglia, poi viene appoggiata l’ossatura e infine si crea un guscio.
Quando si taglia il legno non può essere lavorato subito, bisogna tagliarlo un po’ più grosso e poi messo a spessore perché il legno non rimane dritto appena tagliato.
Usiamo legni resistenti all’acqua di mare: il legno che deve stare in acqua deve assorbirne il meno possibile (l’abete assorbe molta acqua e il rovere pochissima), quindi servono legni che stanno bene in acqua come il pino d’Aleppo, l’olivo, la quercia, il frassino o il teck
Noi costruiamo barche tipiche della carpenteria tipica: gozzi, schiffetti, cannotti, paranzelle, praticamente le vecchie barche da pesca che si usavamo a Carloforte. con un disegno particolare.
Le altre sono barche per navigazioni costiere e fatte per i forestieri e qualche Carlofortino. Per esempio c’è un cliente che si è fatto fare una barca di 7,50 mt, la prende, da fondo vicino alla spiaggia del giunco e si legge il giornale.
Ci sono barche di 5 mt che si fanno in sei mesi. un anno e mezzo per 10 mt circa.
Oggi le barche le comprano in pochi, l’ultima l’abbiamo fatta nel 2007 ed è stata una piloga con la prua diritta.
Principalmente a possedere le barche sono i pescatori, poi gli appassionati delle barche in legno. armate a vela latina.
Fino a qualche anno fa si facevano le regate, ma ora un po’ meno: ma ci sono alcuni appassionati di vela, che le acquistano per andare a farsi un giro così.
L’ultimo schifetto è stato fatto nel 2006 e adesso è in Svizzera.
Diciamo che la barca più tipica è lo schifetto, da nessuna parte del mediterraneo l’opera morta è fatta così!
In questi ultimi tempi io faccio un po’ tutto, ma prima c’erano altre figure di artigiani che lavoravamo insieme al maestro d’ascia: il calaffato che rendeva stagna la barca con ferri appositi con spago e pece.

C’erano i segantini che tagliavano a mano il legno, adesso invece i si tagli si fanno con le macchine.

La mia giornata inizia presto, dalle 7,30 sono al lavoro. poi si prepara il da fare per l’operaio. e ci dividiamo i compiti.
Con me ora c’è un mio cugino, da 10 anni.
Di regola non lavoro il sabato e la domenica, ma se abbiamo una consegna si lavora anche il fine settimana.

Non è un lavoro noioso, per niente anzi è molto creativo. si crea qualcosa.

Prima le barche si costruivano tutte fuori: il cantiere ha un’area coperta e scoperta. Dentro c’è il laboratorio per farle barche e i restauri.
All’esterno teniamo le barche in rimessaggio invernale e vengono fatte le manutenzioni che si dovrebbero mettere a terra almeno una volta all’anno perché a terra si asciuga e si possono fare le manutenzioni ed essere dipinte.